C’è una nuova generazione che non si limita a cercare il proprio spazio nel mercato del lavoro: lo sta riscrivendo. Parliamo della Generazione Z, ovvero i nati tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2010. Giovani cresciuti in un mondo iperconnesso, tra social network, intelligenza artificiale, crisi ambientali e grandi cambiamenti globali. Questo background ha modellato una visione del lavoro profondamente diversa da quella delle generazioni precedenti.
Per questi ragazzi e ragazze, un buon contratto e uno stipendio competitivo non bastano. Cercano ambienti in cui sentirsi rappresentati, ascoltati, valorizzati. Vogliono lavorare per aziende che condividano i loro valori, che siano coerenti, responsabili, trasparenti. Sostenibilità, inclusione, attenzione alla salute mentale non sono per loro bonus aggiuntivi, ma requisiti fondamentali.
Una nuova visione del lavoro
Ciò che colpisce della Gen Z è l’attenzione per il significato del lavoro. Il “posto fisso” ha perso centralità: conta molto di più trovare un ruolo che abbia senso, che permetta di crescere, di apprendere, di contribuire a qualcosa di più grande. In quest’ottica, il benessere mentale non è un tema marginale, ma parte integrante della cultura organizzativa ideale.
La flessibilità è un altro elemento chiave. Ma non basta lavorare da casa un giorno a settimana: la flessibilità deve essere reale, nei tempi, nei modi e nei percorsi. Anche la leadership viene valutata con occhi diversi: i giovani cercano capi capaci di ascoltare, di comunicare con empatia, di guidare con l’esempio.
Non sorprende, quindi, che in molte aziende il turnover giovanile sia molto alto. Ma questo non è un segnale di disinteresse o superficialità. Al contrario, è il riflesso di una generazione che, quando percepisce incoerenza o mancanza di prospettiva, non ha paura di cambiare strada. Vuole crescere, imparare, contribuire. E lo vuole fare in contesti che ne riconoscano il valore.
La risposta delle aziende
Le realtà che hanno iniziato ad ascoltare queste esigenze stanno già vedendo i risultati. Dove c’è apertura al dialogo, dove si costruiscono ambienti inclusivi, dinamici e orientati al futuro, i team sono più motivati, le persone più coinvolte, la reputazione più solida. Non si tratta di rincorrere mode del momento, ma di ripensare profondamente il modo di fare impresa.
Il ruolo della consulenza del lavoro
In questo contesto in evoluzione, uno studio di consulenza del lavoro può fare la differenza. Perché trasformare davvero un’organizzazione richiede più di una buona intenzione: servono strumenti, visione strategica e accompagnamento costante.
Possiamo aiutare le aziende a ripensare i modelli organizzativi, a introdurre pratiche davvero inclusive, a gestire l’ingresso delle nuove generazioni senza perdere l’equilibrio con chi è già presente. Sappiamo quanto sia importante costruire politiche HR che parlino linguaggi nuovi, capaci di attrarre e trattenere talenti in modo autentico.
La Generazione Z è già parte del presente. Ignorare il cambiamento significa perdere un’occasione. Accoglierlo e guidarlo, invece, può diventare un’opportunità straordinaria per crescere, innovare e rendere il lavoro più umano, per tutti.
Credits photo : Photo by Matthew Henry from Burst